Con la bella stagione, quando la terra è scaldata dal sole e riparte nuovamente la vita, nei vigneti delle nostre tenute vengono messe a dimora le barbatelle, le piccole piantine che diventeranno la futura vite e quindi vino.
Il loro nome così particolare deriva dal fatto che il tralcio di vite, messo in particolari condizioni, emette le radici, o “barbe”.
Il processo di produzione delle barbatelle è molto complesso, ogni passo deve essere eseguito con cura e attenzione; dalla coltivazione delle piante madri all’innesto della vite, per passare dalla forzatura all’espianto, l’iter segue protocolli specifici e ben definiti, in cui controllo, qualità e precisione sono i concetti portanti.
Le barbatelle innestate sono composte da una parte inferiore, chiamata portainnesto ed è quella che genera l’apparato radicale e determina la varietà della vite, mentre la parte superiore è chiamata nesto o marza e costituirà la chioma della pianta.
Il motivo dell’innesto non solo risiede nella velocizzazione e ottimizzazione della produzione vitivinicola, ma soprattutto deriva da una storia avente luogo 150 anni fa, per cui grazie all’unione delle radici robuste della vite americana alle chiome gentili della vite europea venne trovato rimedio al parassita della fillossera, senza giungere a compromessi in termini di qualità.
Nella tenuta di Nozzole, nell’ambito del turnover fisiologico dei vigneti, per mantenere le qualità organolettiche dei vini, è stata impiantata la varietà di Sangiovese VCR23, che frutterà un vino dal potenziale enologico speziato e ricco in colore.